In un comunicato congiunto dello scorso 20 aprile AIAB, FederBio e l’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica hanno espresso un parere negativo sulla riforma della Legge quadro 394/1991 sulle aree naturali protette, definendola “corporativa e inefficace” perché non aiuta la buona agricoltura.
Sarà solo l’agricoltura convenzionale a entrare nelle aree protette, sia a livello di rappresentanza che di vere e proprie coltivazioni. La riforma dei parchi in discussione alla Camera trascura l’innovazione e i valori dell’agricoltura biologica come fattore di mantenimento degli equilibri naturali e come attività che non danneggia gli equilibri ambientali. È questo il rischio concreto contro il quale si scherano le tre associazioni rappresentative del mondo del biologico e del biodinamico.
AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica), FederBio (la Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica) e Associazione per l’Agricoltura Biodinamica esprimono critiche sostanziali sulla riforma della Legge quadro sulle aree naturali protette, ritenuta corporativa e inefficace per la promozione di una buona agricoltura in grado di tutelare adeguatamente le specie e gli habitat assicurando allo stesso tempo un reddito dignitoso per gli agricoltori che operano all’interno dei parchi. Per le associazioni, l’ingresso di un rappresentante delle Associazioni agricole e della pesca all’interno dei Consigli Direttivi dei parchi nazionali sulla base dell’unico criterio della “rappresentatività politica” senza alcun riferimento alla loro reale sostenibilità ambientale è assolutamente inadeguato. Questo unico criterio risponde a una logica corporativa che porterà negli Enti Parco solo chi rappresenta e sostiene modelli di agricoltura convenzionale che hanno dimostrato di produrre impatti negativi su specie e habitat, inquinamento delle acque e perdita di fertilità dei suoli. A riprova di questa preoccupazione le Associazioni dell’Agricoltura biologica e biodinamica evidenziano di essere state del tutto escluse dal confronto e dal dibattito sulla riforma della legge sui parchi e mai ascoltate nelle audizioni da parte delle Commissioni parlamentari competenti. L’agroecologia sarà così esclusa dalla gestione delle aree naturali protette, i territori più ricchi di biodiversità e più vulnerabili dagli impatti dell’agricoltura convenzionale che utilizza quella chimica di sintesi mortale per la natura.
Nel testo della riforma s’introduce, infatti, tra le finalità del Piano del Parco, la promozione dell’agricoltura biologica e biodinamica solo come un richiamo formale senza alcuna efficacia operativa. Per le associazioni del biologico e biodinamico il presupposto indispensabile per la promozione di una vera agricoltura sostenibile, coerente con la missione delle aree naturali protette, è l’eliminazione dei prodotti fitosanitari che riportano in etichetta le frasi di precauzione per l’ambiente (SPe) definite dalla Direttiva 2003/82/CE e la sostituzione con pratiche di agricoltura biologica e biodinamica e sostenendo in questi territori la conversione al bio. Il richiamo generico all’attuazione della Direttiva UE sui pesticidi senza una diretta attribuzione di competenze agli Enti parco li rende di fatto subalterni alle decisioni delle Regioni, eliminando la principale leva per una efficace promozione dell’agricoltura biologica e biodinamica nei territori dei parchi e delle riserve naturali.
Infine è assente dalla riforma della Legge 394/91 ogni riferimento ai distretti biologici previsti dalla proposta di legge sull’agricoltura biologica, in discussione in Parlamento, “Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico”, che all’art. 9 individua le aree naturali protette come ambiti territoriali privilegiati per questo istituto offrendo una concreta strategia di sviluppo economico e sociale vista la costante e crescente domanda di alimenti bio da parte dei cittadini.
In sintesi si tratta dell’ennesima occasione persa per rendere le aree naturali protette autentici laboratori per la conversione al bio a dimensione territoriale, come scelta concretamente efficace per la conservazione della natura.
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